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Lenta è un paese molto piccolo di origine romana, il suo antico nome di "Pollentia" viene ancora oggi ricordato in occasione della vittoria riportata dalle legioni romane sui Cimbri ai campi Raudi (territorio dopo la circonvallazione, verso Gattinara) da Claudiano. Il Comune di Lenta non ha frazioni, esiste solo qualche cascinale. Questo paese,situato a 219 m sopra il livello del mare, si trova nella Pianura Padana ed è attraversato dal fiume Sesia. E' prevalentemente agricolo e i terreni sono coltivati a riso, mais, soia. Confina: a nord con Gattinara, a est con Ghemme e Carpignano a sud con Ghislarengo e, infine, a ovest con Rovasenda. Tra i principali beni artistici di Lenta è il caso di ricordare: la chiesa di Santa Marta, la Pieve di Santo Stefano, la chiesa della Madonna di Campagna, la Cappella della Pietà, la chiesa parrocchiale di San Pietro e il castello. Il Castello Le antiche vicende della parrocchia di Lenta si collegano intimamente con quelle del monastero di Benedettine il cui fabbricato esiste tuttora adiacente a settentrione dell'attuale Chiesa parrocchiale benché ridotto in pessimo stato dal guasto del tempo e degli uomini. Prima dunque di parlare della parrocchia occorre accennare alle vicende del Monastero raccogliendo le poche memorie esistenti. Il fabbricato antichissimo, in parte tuttora conservato, che servì fin verso la fine del secolo XVI da monastero pare che fosse in antecedenza un castello o una fortezza. Ne sono segno evidente le piccole torri e le opere di fortificazione costrutte anche nel fabbricato del monastero, il massiccio muro di cinta, in parte ancora in piedi e racchiudente nel suo girone non solo la parte di fabbricato che fu poi adibita a monastero ma anche buon nucleo di casette accumulate attorno alla Chiesa, la fossa che circondava detto muro, di cui si vedono tuttora gli indizi e il nome stesso di castello usato anche al presente per designare la parte di fabbricato racchiuso entro detto muro mentre viene denominata monastero solo la parte che servì ad abitazione delle monache. A chi fosse appartenuto questo Castello e quando ivi si stabilisse il monastero non è possibile dirlo con certezza. Non avendo potuto trovare negli archivi locali notizie sicure (le carte del Monastero, trasportate a Vercelli, andarono perdute all'epoca della soppressione nel 1802) bisogna contentarsi di quello che dicono gli storici vercellesi, i quali al riguardo sono tutt'altro che d'accordo. [Alcune carte si trovano ll'Archivio delle Prefettura a Vercelli] "Il Monastero delle Monache (coll'annessavi cura sotto il titolo di San Pietro) venne fondato dalli antenati della famiglia Arborio fin dal 1120: l'austerità di vita l'esatta osservanza dei regolamenti congiuntamente alla esemplarità dei costumi di queste prime religiose attrassero in principio della istituzione di questo monastero Benedettino e mossero i più ricchi a beneficiarlo ed arricchirlo. Guglielmo Avogadro padre di Bononia ne accrebbe con largizioni ampie li redditi; e quale si fu la liberalità di Gisulfo di lui zio{Gisulfo De Avogadro - vescovo di Vercelli dal 1133 al 1151}; Guidone, poi Conte di Biandrate, altro zio, donò loro gran quantità di terreni nel finaggio di Lenta in un con la giurisdizione trovandosi essere dello stesso luogo di cui egli era allora signore" (Bellini Parte I Libro I) "Sigifredo Vescovo di Vercelli (1111 - 1116) benché intruso, vi unì la Chiesa di Ghislarengo colle sue ragioni" (Cusani - Vita Vesc. Vercell. pag. 160). Anche Regemberto Vescovo di Vercelli circa l'anno 1126 assegno' lo-ro annui redditi e vi uni` non pochi altri favori" (Cusani ibi. pag. 166) {E' per lo meno dubbia la data, perchè Regemberto fu vescovo dal 1096 al 1098 e secondo il P. Savio nel 904} "Anselmo Avogadro Vescovo di Vercelli (1124 - 1127 secondo il Savio) circa il 1132 le sovvenne ed onorò con vari privilegi e donò loro alcune case e poderi sulle fini di Vigliano, Piatto e Valdengo, in quello di Bioglio alcune ipoteche e le alpi che furono poi contese" (Cusani ibi. pag. 167 ca Tabulis Monasterii). Il Modena poi nella sua opera -Della antichità e nobiltà di Vercelli - Manoscritti della biblioteca civica e Agnesiana - sul monastero di Lenta ha quanto segue: "Federico Barbarossa con diploma datato da Vigamburgo 17 ottobre 1152 aveva concesso ad Ugugione Vescovo di Vercelli ed alla sua Chiesa Eusebiana .... Lenta col monastero delle Monache, Gattinara colle sue pertinenze. Di questi beni l'aveva dunque spogliato e furono dal medesimo imperatore concessi a Bonifacio e Giovanni conti di Biandrate. Questi conti Bonifacio e Giovanni erano figli di quell'Alberto che dopo di aver fatto prigione il papa Pasquale II (1099 - 1118) aveva poscia fondata l'abbazia di San Pietro in Lenta, delle cui terre era libero dispositore e ne aveva data la giurisdizione alle monache ivi stabilite" - Lo stesso Modena a pag. 235: "Il Monastero e l'Abbazia di S. Pietro in Lenta che erano stati eretti fin dall'anno 1127 dal conte di Biandrate, che per concessione di papa Pasquale II era divenuto padrone della terra di Lenta, venne poi con detta terra e con ogni sua giurisdizione donato alle monache dell'Ordine di S. Benedetto". Tale è pure l'opinione del Perosa nella sua monografia su -Bulgaro- pag. 323 e del Moglia -Il Borgo di Gattinara- pag. 44. Questi storici dunque attribuiscono la fondazione del monastero all'anno 1120 oppure al 1127. Ma queste date non sono punto sicure. Se infatti il Cusano, appoggiato a scritture delle Monache di Lenta (ex Tabulis Monasterii) nel discorso 59 asserisce come il Vescovo Sigifredo (1111-1116) già verso l'anno 1113 favorì le monache di S. Benedetto del luogo di Lenta ed accrebbe i redditi loro colla donazione della Chiesa di S. Pietro di Ghislarengo con sue ragioni, il Monastero doveva già essere fondato. Lo stesso fatto riferisce il Corbellini che scrive: "Sigifredo per rendere più in stima il Monastero di Lenta, come le monache mettevano con Dio, unì alla loro Chiesa la cappella di S. Pietro di Ghislarengo con tutte le sue ragioni, gli accrebbe le ricchezze, come loro accrebbero l'osservanza della Regola di S. Benedetto" (Citato da Mons. Orsenigo - Vercelli Sacra - pag. 275). Bisogna pertanto far risalire la fondazione del Monastero a un'epoca anteriore. Il Degregory in una nota della - Storia della vercellese letteratura ed arti (pag. 200 tav. IV Sec. IX-X-XI cap. XII parte I anno 971) lasciò scritto: "Andrea Levita, cittadino di Vercelli, Arcidiacono della Cattedrale, ha composto il libro -De receptione monialium, idest sermo Andreae Levitae ad moniales de coerimoniis quae fiunt in carum receptione, de mandato Jngonis Episcopi Vercellen. - opera indirizzata alle religiose Benedettine di Lenta, il cui manoscritto si conserva ancora nell'archivio Eusebiano, secondo gli storici Bellini e Ranza". E ancora nell'istessa nota: "Avogadra Bononia, la beata di Quinto, costrusse col concorso dei potenti Conti di Biandrate il convento delle Benedettine di Lenta, ... diede la regola come fondatrice al suo chiostro, nella quale opera ebbe buona parte il detto Andrea Levita soprannominato". {Questa Avogadra Bononia pare dunque che sia diversa da quella ricordata dal Bellini come figlia di Avogadro Guglielmo, e di cui il zio Gisulfo fu poi Vescovo di Vercelli; a meno che il Bellini abbia stranamente confuse le date. E' da notare anche che il Bellini è il solo che attribuisca la fondazione del Monastero alla famiglia Arborio Avogadro} Il Monastero esisteva dunque prima del mille, perchè il Vescovo Jugone occupò la sede vercellese dal 962 al 977. E per conseguenza al conte Alberto di Biandrate non devesi attribuire la fondazione del monastero, ma solo un ampliamento od una maggiore attribuzione di redditi. Con tutta ragione, non ostante le asserzioni degli storici sopra citati, si deve dunque ritenere che la fondazione del Monastero di Lenta risale al decimo secolo. Tale è pure l'opinione di Mons. Orsenigo nella sua Vercelli sacra - pag. 275; tale è pure l'opinione del Pievano di Lenta D. Perotto come risulta da una memoria da lui lasciata circa l'anno 1700, che si riferirà in seguito. Come buon numero di monasteri del medio evo, anche quello di Lenta era cresciuto a grande potenza. Le terre di allora essendo quasi tutte in mano dei feudatari o dei Vescovi, questi, in tempi in cui la pietà e la religione erano in grande onore e forse anche per interessi politici, ne fecero larghi doni alle Monache, come si è visto dagli storici citati. Con che il Monastero divenne padrone non solo di quasi tutto il territorio di Lenta e di altre terre in altri paesi, ma estese ancora i suoi diritti sulle rogge d'acqua, sui molini, pedaggi, ecc. Con istrumento del 4 novembre 1404, rogato Luchinus de Varaleo le R. Madri del Monastero di S. Pietro di Lenta si posero sotto la protezione del principe Amedeo conte di Savoia, Chiablese, di Aosta, mediante le loro franchigie, diritti, li beni, acque, corsi d'acqua, ecc. L' istrumento venne stipulato tra le predette Madri e certo De Ubertà sindaco di Lenta e Guglielmo De Nuceto capitano onora-rio delegato del principe suddetto. (Da una carta manoscritta del 1824) - {Nel memoriale presentato dagli avvocati difensori di Lenta presso la Corte d'Appello di Torino nel 1879 nella causa tra Lenta e Ghislarengo - Arborio per ragione della Roggia Molinara - già appartenente alle Monache di Lenta si leggo-no le segunenti notizie intorno al Monastero e detta roggia: A pag. 25: "La roggia di Lenta apparteneva ab antiquo alle Monache benedettine del Monastero di S. Pietro Martire (?) fondato in Lenta dal Conte di Biandrate nel XII secolo. Le quali Monache ebbero in donazione dal Conte Francesco Arborio di Castro 200 moggia di terreni e di molini e loro roggia, come consta dall'atto 20 gennaio 1329 rog. Defurno; e di questi loro molino e roggia mantennero la pro-prieta` esclusiva finchè non li alienarono alla comunità di Lenta. Difatti con istrumento di dedizione alla R. Casa di Savoia del 4 Novembre 1404, rog. De Varadeo le Monache stesse, nell'intento di essere protette e tutelate nelle loro proprietà e nei loro diritti, invocavano la salvaguardia del Conte di Savoia che in quest`atto veniva loro accordata alla condizione che il Conte, avendo per se e per i suoi successori sul detto Monastero, nomini, siti ecc. il merum et mixtum imperium et ommimadam jurisditionem, mantenesse espressamente il momastero eius juribus libertatibus, aquis, aquarum discursibus, pissariis et molendinis dispensandolo da onere, dazio , gabella ecc. Con istrumento 5 Aprile 1591, rog. Valdengo, dopo di essersi premesso aver dette Monache i predetti due molini, l'uno essere stato asportato dalle acque del Sesia, l'altro in pericolo di egual sorte e mancareesse di mezzi di provvedere, non avere, ciò stante, trovata via più sicura per maggior loro comodo ed utile che di addivenire alla alienazione di essi molini, sua roggia, piste et ragioni di acque e non aver trovato migliore offerente della Comunità di Lenta, fanno alla medesima Comunità libera vendita di detti due molini, piste, mole et ogni altro artifizio in essi et sue pertinenze, con sua roggia et raggione di poter estrarre acqua per l'uso ed esercizio di quelli dal fiume Sesia" Così gli Avv. A. Prato, A. Graziano,V. Gerini e G. Zanotti procuratore Capo.} Tra i diritti più rilevanti che competevano al Monastero eravi quello di patronato sulla parrocchia di Ghislarengo. Ecco come ebbe origine: "Il Vescovo di Vercelli Aimone (1269-1273) accettò la rinuncia dell'abbatessa Alassia e confermò la Perona e diede licenza a Geremia Bordonale di donare al monastero delle monache di Lenta le decime ed il patronato di Ghislarengo e ne investì le monache" così il Corbellini. Lo stesso scrive il Cusano nella Jstoria m.ss. di Vercelli accertando che il vescovo Aimone "qual protettore d'esse monache fece grazia di perpetua cessione a loro comodo delle decime prediali e giustamente del patronato della parrocchiale chiesa di Ghislarengo. Da un transunto m.ss. (che si conserva nell'archivio della mensa arcivescovile di Vercelli) delle investiture antiche dell RR. Madri di S. Pietro Martire di Vercelli fatto dal notaio Verbellio, si ha infatti che certa nobile Geremia Bordonale figlia del ??? [???: passo del manoscritto di impossibile decifrazione] Federico, avuto per libera e spontanea rinunzia il fondo (cioè tutte le terre, possessioni, prati, gerbidi, boschi, rive, acquedotti, diritti di decimazione e patronato delle chiese) che per investitura vescovile tenevano già le sorelle Alassia ed Enrica e, prima di esse, il defunto loro padre Federico, con atto 13 ottobre 1282, rogato Vicolao Carazio notaio del vescovo Aimone, fecit, constituit et ordinavit suum certum missum, nuntium et procuratorem Dominum Raynerium de Lenta clericum S. Petri de Lenta ad petendum, a ven. Patre Domino Aymone episcopo Vercellarum et comite se investiri ad recepiendam investituram nomine praedictae puellae de omnibus terris et possessionibus decimis et iuribus patronatum ... et ad impetrandam licentiam a dicto Domino Episcopo ut omnia bona et singula et iura feudalia dare et alienare Dominae Alaxiae abbatissae monasterii de Lenta cui monasterio vult se devotam et monacham dedicare. Addi 3 Novem. 128 l'abbadessa implorava essa pure dal vescovo Aimone il permesso di accettare questa donazione e di ammettere al monastero la Bordonale. Il Vescovo avanti di assentire volle che prima l'abbadessa radunasse il capitolo delle monache e le interpellasse del loro consiglio e se disposte ad accetta-re nel monastero l'aspirante donatrice. Il capitolo (ad quod convenerunt de mandato dictae Dominae Abbatessae Domina Jacoba monacha de Ultrapado, Domina Maria de Ghislarengo, Domina Parona de Mazate, Domina Berta de Bugella, Domina Agnes de Bugella, Domina Agnes de Golzano, Domina Alaxia de Mazate, Domina Russina de Carixio omnes monachae dicti Monasterii) diede voto favorevole e così il Monastero di Lenta, col permesso del Vescovo Aimone ebbe in feudo i beni già tenuto dal nob. Bordonale e quindi anche il patronato sulla chiesa di Ghislarengo. (V. Vercelli Sacra pagg. 272-273) E questo diritto conservò fino all'epoca di sua soppressione a parte del governo francese nel 1802. {Non ebbero però le Monache il diritto di patronato sulla Parrocchia di Len-ta. Di questo non v'è traccia nelle carte parrocchiali; anzi la bolla di collazione della parrocchia all'Arciprete Sola (8 maggio 1749) la dichiara di libera collazione del resto l'opposizione che fecero le Monache alla costruzione della nuova chiesa, le somme loro sborsate per effettuare l'ampliamento e le varie molestie che diedero da Vercelli non s'accordano certo coi diritti e doveri dei patroni.} Mons. Orsenigo nella - Vercelli Sacra - a pag. 131 scrive: "Sin dall'an-no 965 circa le religiose senza clausura, benedettine cassinesi abitanti nel monastero di S. Pietro in Lenta, fecero fabbricare in Vercelli, in sito vicino all'Ospedale Maggiore, un ospizio con chiesa dedicata a S. Clemente, per loro abitazione, dovendosi sovente portare in città per le urgenze del loro monastero. Nel 1572 il Card. Guido Ferreri, secondo il disposto del Pontefice Gregorio XIII (vari storici dicono per ordine e Bolla di Pio V), volle riunite in Vercelli le Benedettine di Lenta e dall'ospizio di S. Clemente nel convento di S. Pietro martire, appena abbandonato dalle suore Domenicane (che furono trasferite a S. Margherita). In Vercelli esse tenevano un educandato femminile. Furono soppresse nel 1802 ed il Monastero di S. Pietro martire passo` poi a far parte dell'Ospedale Maggiore". Le note storiche sono state tratte da manoscritti dell' arciprete Morera don Albino risalenti al 1914, raccolti nel libro "Memorie storiche della Parrocchia di Lenta" redatto dal sacerdote don Renzo Del Corno. La Pieve di Santo Stefano E' la Chiesa più antica della parrocchia, e lo dimostrano le antiche memorie, la costante tradizione del popolo e la sua stessa struttura. E' certamente anteriore al mille e la sua costruzione risale forse al VI o VII secolo. Ora è a due navate contenenti l'una l'altare di S. Stefano e l'altra quello del Crocifisso, ma come appare dalla struttura e dalle linee dei muri dapprima non comprendeva che la navata di S. Stefano col campanile vicino alla porta maggiore. Non fu che più tardi, forse nel secolo XIII o XIV che fu aggiunta la navata del crocifisso e ridotta allo stato attuale. Due absidi di forma antica chiudono le due navate. L'abside della navata di S. Stefano nell'interno conserva ancora, benché corrosi dal tempo e dalla mano degli uomini, affreschi antichissimi rappresentanti nel mezzo la figura del Redentore seduto su di un trono e ai suoi piedi forme di animali simbolici, e più in basso, in giro, le figure dei dodici Apostoli, di cui appena due complete. Altri affreschi, di cui alcuni assai ben conservati, ornano pure i pilastri centrali che dividono le due navate, nonché i fianchi della parete a mezzogiorno, pregevoli se non per arte, certo per l'antichità. Tra quelli che si sono conservati in buon stato vi sono le figure rappresentanti S. Antonio Abbate, S. Maria Maddalena, S. Euseo ed altre di cui non riesco a precisare il nome. Anticamente gli altari delle due navate dovevano essere aderenti all'abside; solo in epoca posteriore furono staccati. L'Altare attuale in legno di S. Stefano e la statua del santo probabilmente prima del 1830, come ho già accennato parlando della cappella del Rosario, erano nella chiesa parrocchiale e forse l'uno e l'altra furono fabbricati dal Comola Giov. Batta. Ciò è certo per la statua. Prima che vi fosse trasportata la statua, pare che vi fosse sull'altare una pittura del Santo, perchè nei Decreti di visita pastorale di Mons. Broglia del 1673 si legge: "Per la Chiesa di S. Stefano della Pieve si provegga di una icona nuova, oppure si rinnovino le pitture di quella che vi è ecc". L'altare attuale del Crocefisso fu costruito nel 1826. Questa Chiesa verso la fine del secolo XVIII trovavasi così delabrata che non vi si potevano più celebrare le sacre funzioni e i restauri che si compirono poi nel 1778 furono così importanti che si dovette procedere ad una nuova benedizione, come risulta dal Decr. del Vicario Capitolare 16 Dicembre 1778. Verso il 1880 la Chiesa di nuovo minacciava rovina e non vi si celebravano più le funzioni, ne da tempo eravi alcun priore. Per iniziativa di certo Zona Francesco fu restaurata con rinzaffo e sottomuratura ai muri esterni e imbianchimento all'interno. Ciò avvenne nel 1883. Le spese per le opere ai muri esteriori furono pagate per ordine del Subeconomo Regis (che allora amministrava i beni della Chiesa parrocchiale in luogo della fabbriceria) e ammontarono a L. 380. Le spese per le opere interne sorpassarono pure le L. 300 e furono pagate da pie persone. Nel 1883 fu pure collocata la cancellata in ferro davanti all'altare del Crocifisso che costò L. 184 e nel medesimo anno si provvidero pure i piccoli quadri della Via Crucis. Che questa Chiesa sia stata anticamente e per lunghi anni, cioè dal secolo X circa fino al 1572, la Chiesa parrocchiale di Lenta è cosa fuori da ogni dubbio. Lo dimostrano ad evidenza i vari documenti antichi specialmente le visite pastorali, il nome stesso di Pieve che tuttora conserva ed il titolo stesso di -Pievani- che portavano i parroci antichi, il cimitero esistente in tempi antichissimi sulla piazza di detta chiesa, ragione per cui tuttora davanti alla porta maggiore si cantano le esequie nella processione delle Rogazioni, come fino a qualche anno fa vi si andava parecchie volte all'anno a cantarvi dei funerali. A quei tempi doveva anche prestarsi comodamente a fungere da parrocchia perché il paese doveva avere in quei dintorni una gran parte del suo caseggiato, come ne sono indizio non dubbio vari detriti, pavimenti, vasi antichi che in quelle regioni si rivengono nel sottosuolo. Fino verso il 1870 celebravansi nella chiesa varie funzioni: la festa di S. Stefano, quella di S. Croce in maggio e settembre, quella di S. Antonio Abbate, in cui benedicevansi colà anche gli animali; varie volte, specie nelle calamita`, vi si andava in processione, e come già si è detto, celebravansi varie funzioni da morto. Pare anzi che anticamente, come risulta dal citato Decr. 16 Dicembre 1778, detta Chiesa si chiamasse di S. Stefano e di S. Antonio Abbate La Madonna di Campagna I documenti e le memorie relative a questa chiesa mancano quasi completamente. L'Unica fonte di notizie sicure rimasta è il libro dei Conti dei Priori. Probabilmente la struttura è molta antica, forse contemporanea alla Pieve di Santo Stefano. Oggi la chiesa presenta due navate una dedicata alla Madonna, l'altra a San Bernardo; inizialmente, come per la Pieve, ne esisteva una sola ed era quella dedicata alla Madonna, la navata di San Bernardo fu costruita molto più tardi. La figura principale di questa chiesa è la "Madonna del Latte" che raffigura Maria mentre allatta il Bambino e risale probabilmente al XVI secolo. La chiesa di Santa Marta Non si riescono ad avere dei dati precisi sulla sua costruzione, che comunque risale al XVI secolo. La Chiesa di Santa Marta fu consacrata nell'anno 1597. Questa chiesa possiede tre grandi quadri in legno scolpiti nel XVII secolo. La statua di Santa Marta, collocata nel tempietto dell'altare maggiore, fu fatta scolpire nel 1888 con le offerte delle consorelle. Il 29 Luglio 1895 fu portata per la prima volta in processione.


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